martedì 24 luglio 2007

Zio Nando

E’ uno dei miei primi ricordi della mia vita.
Io giocavo nel cortile della casa in motagna di fianco alla sua 132 mirafiori carta da zucchero, stretto tra la portiera e la parte rimanente della ghiaia vicino alla siepe. Mia zia all’uscio della casa, giusto due gradini sopra di me. Voci di una famiglia numerosa. Mio cugino con cui mi ciucciavo il dito davanti alla tele, i mille cugini che affollavano la casa e la trasformavano in un ritrovo, crocevia di vite che nascevano e partivano. Cosi’ diversa dalla mia piccola famiglia, io ero il parente alla lontana figlio della zia che veniva in vacanza nello stesso posto.
Sono passati lunghi inverni in cui la casa della montagna e’ rimasta desolata e imprigionata dal freddo. Nando e Miranda sono invecchiati mentre crescevo velocemente. I tratti piu’ marcati e le ossa contratte sembravano resistere pero’ al tempo e lo stesso per la cintura da cowboy di Nando in cui era annegato uno scorpione, prodigio spaventoso. Qualcosa sembrava suggerire che alcune cose di queste non sarebbero cambiate mai. E invece non e’ stato cosi’. Io mi sono ingozzato di egoismo e ho vissuto la mia vita quasi certo che il ritorno sarebbe sempre stato possibile. Nel cortile, tra la 132 e la siepe.
I tempi bui pero’ arrivarono e una malattia lenta e vigliacca si porto’ via Miranda, rendendola un cumulo di ossa e pelle dagli occhi vitrei per lunghi anni, dividendo e fiaccando la numerosa famiglia che abitava la casa estiva.
Nando pero’ resistette per qualche periodo. Era stato un padre forse assente ma carismatico. Di lui ancora qualcuno ricorda quando per sfida sparo’ con un fucile ad un tacchino mirandolo da dentro il ristorante durante una battuta di caccia in Bulgaria. Per mio nonno era quasi divertente fare leva sulla sua semplice voglia di dimostrare per spingerlo a strafare. Forse pero’ non fu mai veramente forte o cosi’ debole come questa mattina.
Miranda era morta, e con lei 50 anni di insulti, incomprensioni fatiche ma pur sempre vita vissuta e per questo degna. Il corpo non era piu’ quello adatto al suo cinturone, il passo era diventato corto ma non abbastanza da non permettergli di raggiungere l’armadietto delle armi. Fine della battuta di caccia. L’ultimo colpo non sarebbe stato per una bestia.
La nuora che lo accudiva rientrando si era subito insospettita perche’ il gatto miagolava a squarciagola. La camera era un bagno di sangue, sul soffitto un buco come un pugno e Nando sdraiato sul letto col fucile in bocca. Cranio e cervello per terra, sul muro, ovunque.
Per terra anche una colt e due proiettili. Aveva provato anche con quella ma non era forse riuscito a mettere i proiettili nel caricatore. Il fucile di caccia con i pallettoni buoni per ammazzare i cinghiali sarebbe andato bene comunque. Bum.
Cosa spinge le persone come mia madre che si lamentano per una unghia incarnita a chinarsi di fianco a quel letto, prendere lo straccio per raccogliere il sangue e i resti in un secchio senza dire una parola nessuno lo sa. Quale e’ il segreto dell’amore dietro questo? Come se fosse un gesto gia’ fatto, un racconto gia’ scritto, un istinto di attingere all’angoscia come insegnamento. Perche’ il dolore provocato cosi’ ha qualche cosa di indicibile che lo rende prezioso e straziante al tempo stesso? Non c’e’ vita dietro una morte cosi’. Non c’e’ serenita’ ne la speranza di un viaggio per chi rimane. E’ la possibilita’ che tutto vada perso dopo una vita di sacrifici e che non rimanga piu’ nessun motivo per rendere la vita degna di essere vissuta nel momento esatto in cui pensi di dovere meritare tutto.
Alzati madre dai piedi di questo letto. Odio vederti smettere di credere alla nostra vita.

lunedì 23 luglio 2007

mai cosi' vivo


Non mi sono mai sentito cosi' vivo.
Il vento sulla pelle.
Il respiro lento e regolare.
L'aria fresca della sera e un lieve sentore di terra umida,calda.
Le mani sudate, quasi incartapecorite dal sudore.
Intorno a me un paesaggio immenso, una vallata
sconfinata che da Lugano lascia intravedere l'Italia.
Appaiono le prime luci della sera nella citta' ma quasi nessuno sulla strada.
Un senso di calmo possesso del mio corpo, delle mie sensazioni in un fluire naturale.
L'aria si fa piu' buona e la fatica della giornata si perde nell'immenso.
Le labbra sono secche dalla sete di un nuovo respiro che mi purifichi e che mi tolga l'amaro dalla bocca.
Piego nel bosco e trovo un riparo dolce e privato. Il rumore delle foglie sotto i piedi. Il mio corpo si sente chiamato a
dare di piu', a correre di piu' come un animale. Lo faccio e lascio fluire tutto questo.
Sono le otto. Tutti sono a casa e io solo sono padrone di tutto questo.
Il mio privatissimo universo. Miles Davis suona per me e cancella ogni crepa dalla realta'. Mi regala un frammento di naturale perfezione.
Arrivo in cima e sono allibito,
mi abbandono e mi lascio sopraffare.
L'aria mi fa respirare di piu'. Ogni sorso e' piu' buono.
E' il caldo abbraccio della sera.
Non dimentichero' mai questo squarcio di perfezione.
Era da tanto che non mi sentivo cosi' vivo.

infinito ed infinitesimo

Cosi’ sono ancora una volta alla ricerca di quegli occhi.
Mi hanno tolto il sonno. Lo fanno ancora. Ora.
Prendo cosi’ un mazzo di foto dopo anni e guardo intensamente quegli occhi per scoprire se e’ quella la sorgente di tutto questo dolore. Se e’ li la risposta che attendevo.
Li dietro c’e’ qualcosa che mi aspetta, che chiama, urla.
Devo sapere perche’ mi affligge la sensazione di avere vissuto una vita in attesa di questo momento, senza mai avere avuto il coraggio di provocarlo. Ora mi si serve la possibilita’ di capire e forse di slegarmi da tutto questo.
Perche’ ancora mi sveglio la notte sognando che quegli occhi sono li ma non mi rispondono, che posseggono una conoscenza di qualcosa che io desidero ma che mi e’ proibito condividere? E che sempre mi sorprendono perche’ sono come i miei occhi. Sono il mio sguardo piu’ triste e profondo sul mondo. Sono la materializzazione della mia inadeguatezza alla vita. Per anni ho combatuto per schiacciarla in un angolo e farne la parte buia di me col quale convivere ma ora non posso piu’ contenere tutto cio’. Ho cercato di farmi una vita normale, di amare e venire amato, di essere leale per ricevere lealta’. Ho cambiato i miei rapporti per capire di piu’ le persone e farmi capire da meno persone, piu’ profondamente. Ero convinto di stare perseguendo una vita degna e costruttiva, fatta di rapporti saldi e sinceri con un briciolo di egoismo per prevenire il dolore di non essere accettato e tutto e’ funzionato alla meraviglia. Tranne per quel piccolo particolare di quei sogni durante la notte. Come una presenza quegli occhi mi sembravano voler ricordare che non si sfugge da se’ stessi e che l’essenza stessa della persona cannibalizza ogni tentativo di cambiamento per riportare la vita sempre al suo stadio primordiale.
E’ forse per questo che la vita vale di essere vissuta: per i suoi continui alti e bassi, per le sue spinte a voler cercare la felicita’ e la verita’ al tempo stesso. Entrambe le cose non esistono o non possono essere raggiunte insieme, sono l’infinito e l’infinitesimo.

venerdì 20 luglio 2007

So what

Era l'inizio di una lunga estate calda. Il calore era cosi feroce che sbiadiva i contorni delle nuvole in lontananza e la strada era lunghissima. La ruota anteriore della bici girava e macinava i chilometri che separavano la casa dei miei genitori dal mio luogo di lavoro ogni giorno per un mese. Era un lavoro frustrante di inserimento dati in una grande azienda. Ma era perlomeno qualcosa. Un po' poco per un laureato, pensavo. Il tutto si riduceva a prendere il foglietto, leggere il foglietto, inserire i campi necessari nel database. Questo da ripetersi per qualche centinaia da volte al giorno. Si', un po' poco per un laureato. Mi lamentavo eccome. Mi lamentavo al mattino prima di andare, mi lamentavo alla sera quando tornavo. Ero francamente insopportabile.
Una sola cosa era positiva.
Kind of Blue di Miles Davis.
Lo comprai perchè un amico di mio padre me l'aveva suggerito e mio padre aveva fatto una faccia di approvazione del tipo "non ti puoi assolutamente rifiutare di prenderlo".
Bene.
E dacci 10 euro alla fnac.
Io, che sono anche contro le multinazionali.
Beh, la copertina e' bella, lo ammetto.
Non sapevo la cosa piu' importante: quel disco conteneva il soprannaturale.
Comincio' cosi ad accompagnarmi avanti e indietro da quel lavoro infame e a regalarmi il modo giusto di vivere quel momento.
Negli assoli di Miles c'e' qualcosa che ti dice che non importa quello che il mondo pensa.
E' il tuo modo di vedere il mondo che cambia il mondo.
Pura verita'.
Dentro la voce di una tromba c'e' qualcosa di cosi' umano e sacro.
E' un pensiero intimo che non trova parole. E che diventa musica per potere
fuggire dalle parole stesse e arrivare dritto alla pelle.
Oppure per contrarsi in un caldo sentimento privato.
Nel mondo di Miles non c'e' il mondo.
C'e' l'anima.
C'e' un tempo dilatato che non e' necessario rispettare.
Come nascano queste emozioni nessuno lo sa. Ma la fortuna di avere avuto questo patrimonio in un momento cosi' mi ha insegnato molto.
E' l'eccezionalita' dell'essere e l'obbligo dell'egoismo di manifestare l'essere stesso e la sua pura bellezza.
So What!

come cominciare

Mi sveglio ancora di notte.
A pensare cosa sarebbe stato se.
E ho tutto ma cerco sempre qualcosa.
Tutti sanno cosa cerco. E' quello che vogliono tutti: la felicità.
Nessuno sa come si ottiene. Io la cerco da anni.
Ero quasi ad un passo o almeno pensavo di esserci poi
ho cominciato ancora a svegliarmi di notte...

e' la mia prova

E' la mia prova.
Potrebbe presto andare persa
N