giovedì 18 febbraio 2010

tempo di andare

Era tempo di andare e tu lo sapevi gia'.
Non ero stato avvertito dei miei trentadue anni, come avrei fatto?
Ora sono qui e ho scavato a lungo, finito le unghie ed
arrancato in verticale.
Appena in tempo per finire la salita.
Una mail che poteva scuotere un mondo, fare risuonare corde dimenticate di
note acute ora non fa niente. Fa tristezza per un bacio mai dato.
Non piu' di quello.
Per la tristezza che avremmo potuto chiedere e dare di piu' in momenti diversi.
Non ora, non piu'.
Un padre in mezzo alla strada a 60 anni, una valigetta, una casa
da ricostruire. 35 anni di vita bruciata. Imparare a fare un bucato e strirarsi le camicie.
Una madre stanca di vivere senza essersi lasciata percorrere va visitata su appuntamento, per prevenire l'insopportabile sensazione di vedere qualcosa di se' tra trenta anni.
Un corpo che vegeta dentro un'ospizio.
Un appartamento spoglio dove dormire e mangiare, tanti chilometri da macinare tra venerdi' e lunedi'. Piazzole di sosta all'autogrill dove riposare.
Poi uno schermo piatto dal quale passano le apirazioni.
Arrampicare in verticale fa pedere la distanza ed il riferimento delle cose vere.
Sono in cima ma volevo arrivare altrove. Penso che ognuno pensi cosi', sia che
arrivi piu' in alto o piu' in basso di dove ti aspettavi.
Cala la sera. E' tempo di andare.

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