giovedì 16 agosto 2007

Crysalide

Erano sere d’estate amare, quelle.
Niente poteva bastare.
Le prove erano a Milano, un bel pezzo di strada. Di notte, stracciato dopo due ore di adrenalina a mani rotte tornavo da Lei. La superstrada era una lotta contro il sonno, ipnotizzato come ero dalla cadenza della luce dei lampioni. Ho rischiato del mio, lo so. Come quella sera che mi sono addormentato a volante e mi sono risvegliato oramai diretto a tutta velocita’ in culo ad un fuoristrada. Macchina distrutta. Quando arrivavo da lei c’era poco da fare o dire. Mi addormentavo e venivo cacciato via a casa mia dove il letto l’avevo ed era fatto per dormire.
Sulla strada di casa avveniva il cambiamento. Mi svegliavo e avevo sete. Cambiavo direzione. Giravo verso casa tua e passavo sotto la tua finestra. Non seppi mai cio’ che cercavo. Passavo e sbirciavo oltre le persiane in un passato che bruciava. Non ho mai capito se speravo che tu fossi li fuori e potessi notare che ero io in quella macchina. E anche se cosi’, cosa sarebbe potuto cambiare? Cosa mai avrei saputo dire? Niente mi dette mai una risposta ma passai mesi cosi’.
Poi tutto peggioro’: mi trovavo in camera nel cuore della notte con l’istinto di venire sotto casa tua. Prendevo la macchina e partivo. Musica a palla e urlavo per sfogarmi. Sono passati inverni sordi di neve e la tua finestra smise di essere illuminata. L’ultimo flebile legame di realta’ comune, io da una parte del vetro e tu da quell’altra, venne meno.
Non so se veramente la tua finestra potesse mai celare la risposta alla mia inquietudine perche’ tua o per il semplice fatto di essere lontana e irraggiungibile. Ho sempre avuto bisogno nella mia vita di quella cosa che manca. Una ricerca continua di qualcosa che non c’e’. Forse e’ perche’ le persone che non hanno problemi se li vanno sempre a cercare, forse perche’ la vita senza il desiderio e’ un contenitore vuoto e non risuona di nessuna musica. Trattenere il desiderio e’ inumano e sempre andrebbe vissuto con gli slanci adolescenziali che spingono le persone a fare quello che mai farebbero. Non si spiegherebbe altrimenti come sia mai possibile scrivere una canzone, dipingere un quadro, inventare poesie e scalare montagne. Vorrei sempre vivere con questo istinto irrefrenabile di consumarsi nell’essere. Tutti i giorni. Con la disciplina di un kamikaze, dentro la mia piccola crisalide c’e’ tutto questo. Devo tenere duro e non farlo morire mai. Correre fino alla fine: non per fuggire ma per rincorrere qualcosa. Vorrei non essere il solo a sentire questo e penso di non esserlo ma nessuno si sente pronto a condividere la propria intima attitudine alla vita per non autodistruggere il proprio piccolo mondo, piccola crisalide protetta.
Questo e’ il paradosso che mi trascino dentro. Ho costruito una vita perfetta di felicita’ precarie che ho mantenuto per non dovere buttare via sempre tutto. Dover viaggiare a cuore aperto non lascia scampo mai e anche ora che l’istinto e’ piu’ forte non mi sento pronto. Penso che ad un certo punto il destino mi verra’ a prendere e spazzera’ via tutto questo mettendomi a nudo, facendomi ricostruire da capo la mia piccola crisalide adattata a questo nuovo io.

1 commento:

mirilù ha detto...

Mi ricordi David Grossman in "Che tu sia per me il coltello". Nelle tue righe leggo quella sottile follia che era in quel romanzo epistolare.