Ho perso gli occhiali da sole a maggio e non li ho piu’ cercati. Ho pensato che per quest’anno potevo lasciare i colori dell’estate invadermi cosi’ come sono, senza barriere, senza protezioni. E’ strano come i miei occhi, fatti per vedere la natura cosi’ come e’ non fossero piu’ pronti per questo e all’inizio facevano male. Ma non e’ giusto, pensai. Devo riabituarmi ed ora, dopo una estate cosi’ penso che il mondo sia piu’ luminoso di come l’avevo pensato e voluto per molto tempo. Ci sono ancora quei colori di quando ero bimbo. Li vedo passando con la macchina oggi, domenica, mentre vado a lavoro a mezzogiorno. Il caldo colore giallo dei muri dei cortili e la polvere di terra riarsa sono ancora vive e accecano ancora come allora. Il sole era caldo e premeva sulle nostre piccole teste, uno sciame di bimbi alle prese con bici, pallone e cantine buie da esplorare. Ricordo distintamente l’odore dell’asfalto caldo alle due del pomeriggio e io seduto sui gradini della soglia di casa con le mie montagne di lego riverse in piazza. Gli alberi erano frondosi e c’erano poche, veramente poche macchine in giro ad agosto. La nostra cricca era incredibilmente assortita. C’erano i figli degli abusivi nella ex casa del fascio con cui dividevo i pidocchi e che mi fregavano i mattoncini. Le loro case erano grandi e fatiscenti, vivevano in dieci tutti in soggiorno e c’era sempre dentro un odore di minestrone andato a male. I loro destini non li hanno perdonati e molti di loro hanno fatto fuori e dentro dal carcere, qualcuno invece ha fatto fuori e dentro da un ospedale. Braccia e piedi bucati. Di loro qualcuno non e’ piu’ uscito ne dall’uno, ne dall’altro. Negli anni 80 il riscatto sociale era ancora impossibile. C’erano S. e V. il cui padre- si sarebbe scoperto poi- era un noto spacciatore. Un giorno loro madre porto’ i due bimbi dalla zia e chiamo’ i carabinieri che lo vennero a prendere con cinque macchine . Loro seppero solo che il padre dovette andare improvvisamente a lavorare in sicilia. Dieci anni piu’ tardi lo recapitarono a casa in totale stato confusionale e fu evidente che le cose erano andate diversamente. E. era la mia amica del cuore. Le volevo bene. La prima curiosita’ per il sesso sotto il mio letto. Eta’ 6 anni. Non ne parlammo mai piu’ una volta grandi, non ne potremo mai piu’ parlare. La strada se la e’ portata via una notte umida. Speravo per lei grandi cose, era la sorella che non ho mai avuto e i nostri genitori ci hanno cresciuto proprio cosi’, come fratello e sorella. Aspettavamo nella neve l’autobus di T. per l’asilo. Piccoli fagotti nei primi piumini plasticati marca stratos presi al mercato. Eravamo i primi a salirvi sempre ai primi due posti. E suor I. ci dava delle caramelle al miele con l’immagine del dolce Remi’. I suoi lavoretti sul cartoncino col punteruolo erano sempre migliori dei miei. Un piccolo caldo pensiero per lei, ora.
Tutto questo lo ritrovo ora ed e’ un piccolo tesoro prezioso da accudire. Ci sono cose, profumi, colori che non si lavano via e sono la traccia indelebile del vissuto. Amo tutta questa tavolozza dolce e amara. E’ il colore di cui siamo sporchi, che ci portiamo addosso come piccole macchie sulla camicia che solo gli altri notano. A nostra volta, in ogni viaggio in treno, in ogni stretta di mano seminiamo le tracce del nostro mondo e propaghiamo la memoria delle esperienze che piu’ ci hanno segnato, nel bene nel male. Ti ho gia’ ferito piu’ volte con la stessa cattiveria con cui quelle voci fuori dalla camera mi ferivano e spaventavano. E’ il solo modo che conosco e ti chiedo scusa. Ti ho accarezzato con il palmo rivolto perche’ e’ la forma della dolcezza che io conosco ma ti ho sempre comprato mille cose che ti piacciono quando ho fatto la spesa perche’ e’ stato il modo segreto dell’amore in casa mia. E non ti ho mai detto quanto sei importante perche’ non ho mai sentito nessuno dirlo in un modo che vorrei potere usare.
domenica 26 agosto 2007
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