martedì 21 agosto 2007

Il venticinquesimo chilometro.

Il corpo non sa dire di no. La volonta’ tiene. E’ facile arrivare alla fine cosi’. Intorno nulla e nessuno. il venticinquesimo chilometro ha un sapore dolce. Non c’entra l’eroismo del gesto. Domani non andro’ a bullarmi in ufficio. Non l’ho mai fatto per non mettere l’interlocutore in una posizione senza scampo, in cieca ammirazione (almeno dovrebbe) del coraggio, il tutto solo per cortesia.
Invece questo sapore e’ dolce e va’ condiviso. Potrei piuttosto raccontare di essere stato in un posto solitario dove le emozioni del corpo e dell’anima convergono. Sono pulito nel venticinquesimo chilometro e mi sembra di lavare col sudore le mie frustrazioni. Quell’articolo che non parte per l’ignoranza d’oltreoceano e’ una pagina a colori grondante inchiostro ma niente piu’. Non c’e’ rabbia ne’ rassegnazione. Un passo dietro l’altro, le mie scarpette bianche e rosse feriscono questo asfalto. Controllo ora il mio passo per renderlo silenzioso e morbido e non spaventare la natura del sogno. Da sopra il lago appare uno squarcio di sole a scaldare l’ultimo scampolo d’estate che mi sento di bere. Non e’ stata una domenica eccezionale. Ho lavorato per recuperare alle mancanze di altri, servira’ mai? Poi ho mangiato del riso avanzato freddo di frigo e subito ancora a lavorare forte. G. e’ tornata a casa e si e’ addormentata sotto le coperte durante il temporale. Io la guardavo da dietro lo schermo del computer e pensavo che quello che facevo per qualche motivo era anche per lei. Poi ha smesso di piovere ed eccomi qui. Cerco di ordinare i pensieri di una settimana. A. e’ andata in ferie e ho tante cose da fare per lei, per l’affetto che provo verso la prima persona a cui ho potuto trasmettere quello che ho imparato e creato. In ufficio poca gente e comincio ad avere la strana sensazione di essermi perso un po’ di vita a non andare via anche io. Anche la chat e’ muta e non controllo neanche piu’ che dall’altra parte ci sia qualcuno che abbia voglia di comunicarmi qualcosa. E che quel qualcosa mi faccia cambiare tutto come uno squarcio nell’insoddisfazione. L’unico diversivo e’ un caffe’ amaro cinque volte al giorno per darsi botta. Ma ora, qui tra questi colori non sento il peso di tutto cio’. Un giorno volero’ anche io lontano dalle mie ossessioni e persecuzioni tra questi alberi, accarezzando queste montagne di granito come in un volo. Non pensero’ che casa non e’ casa e che c’e’ una altra persona diversa da quella che io vivo con la quale dividere il pane. Il venticinquesimo chilometro e’ una specie di fuga dalla realta’. Godo un po’ dell’egoismo di riprendermi il mio tempo, lievemente narcotizzato dalla fatica. La pelle si raffredda e l’asfalto diventa scuro. Arrivare in fondo mi insegnera’ cosa non ho ancora imparato ? Dare tutto nella vita vera, non mollare tutto all’ultimo metro come ha fatto C.? Ad un passo dalla conclusione si e’ bruciata tutto, ha cacciato fuori il mondo dalla finestra e sputato in faccia a noi che abbiamo provato ad aiutarla, semplicemente per completare l’autodistruzione che da anni ha propagato. Con una mail ha sprecato la sua fellowship della Royal Society che l’aveva portata piena di speranze dalla Spagna ad Oxford. Perche’? Forse lo posso immaginare: anche lei non dorme la notte e coltiva il suo segreto dolore come un orticello di primizie. La sua casa e’ in ordine perfetto: si capisce che se cade una foglia per terra puo’ crollare il mondo. Ora sono gli ultimi metri, vedo gia’ la fontana. Rallento il passo. Sono arrivato. Sono felice.

3 commenti:

mirilù ha detto...

scarpette bianche e rosse? Ora ho la fissazione di saperne la marca e il numero e soprattutto di immaginarti giocatore di golf.

nottetempo ha detto...

beh...la cosa piu' ridicola che non ho citato (out of context) e' il pantaloncino aderente che non lascia veramente nulla all'immaginazione :-)
N

mirilù ha detto...

il colore del pantaloncino?